Nella notte del 24 di Gennaio si può realizzare il sogno di tutti i meteorologi: mettere le redini al tempo e conoscere come saranno le condizioni atmosferiche per ognuno dei dodici mesi dell’anno. Se desiderate formulare una previsione meteorologica per tutto l'anno la notte del 24 di Gennaio è quella giusta , è chiamata la notte dei Segni. Secondo la tradizione cattolica è la notte in cui Saulo, persecutore dei cristiani, fu folgorato sulla strada di Damasco, cadde da cavallo e da quel momento divenne Paolo, fulgido esempio di fede cristiana. E’ la notte della così detta conversione di San Paolo. E’ chiamata la notte dei Segni perché nel mondo agricolo e rurale i nonni dei nonni dei nostri nonni traevano le previsioni per tutto l’anno attraverso delle pratiche pagane alle quali i nostri antenati avevano sostituito ed aggiunto il loro modo di concepire la religione cattolica. Ma attraverso quali azioni e comportamenti i nostri progenitori erano in grado di cogliere i futuri comportamenti meteorologici? Seduti accanto al fuoco acceso nel camino prendevano dodici chicchi di mais ad ognuno dei quali veniva attribuivano il nome di un mese. Poi uno dietro l’altro li gettavano sulla fiamma. Quelli che scoppiando saltavano più in alto sarebbero stati i mesi favorevoli per l’agricoltura. Gli altri, quelli che avevano meno energia, sarebbero stati mesi negativi. Ma questa non era l’unica pratica che veniva eseguita. La previsione del tempo si poteva fare anche con le cipolle. Quindi se desideriamo ripetere ciò che facevano i nostri avi non dovremo acquistare super computer o affrontare delle spese gravose. Saranno necessarie 12 mezze cipolle e 12 cartellini su cui scriverete il nome dei mesi dell’anno. Accanto ad ogni mezza cipolla affiancate il cartellino di un mese. Nella notte dei Segni ponete le cipolle sul davanzale di una finestra esposta a Nord. Al mattino le previsioni saranno belle che fatte: le cipolle umide rappresenteranno i mesi piovosi quelle secche saranno mesi di sole. Forse i nostri antenati non credevano alle previsioni così formulate, ma avevano bisogno di un conforto. Il lavoro nei campi era faticoso e non sempre alla semina seguiva il raccolto. I capricci del tempo: i temporali, le gelate tardive, la siccità o inondazioni disastrose spesso mandavano in fumo il frutto di fatica e di sudore. I nostri avi nelle previsioni del tempo cercavano certezze, un sostegno psicologico che li avrebbe aiutati a vivere con meno angoscia e più fiducia il loro futuro. Forse la previsione per tutto l’anno non sarà dispendiosa ma vi costerà sicuramente qualche lacrima.
Giancarlo Bonelli
I pellicani bruni americani, durante l’estate 2004, termometro a 43°C in Arizona, hanno avuto un comportamento molto strano. Più di trenta, mentre si lanciavano in picchiata, si sono schiantati al suolo sulle strade e sui marciapiedi delle città. I pellicani bruni americani, una specie protetta fin dal 1972, sono degli eccellenti volatili. Gli scienziati del wildlife hanno pensato a temporanee perdite di orientamento per l’eccessivo caldo. Ma la spiegazione più logica é venuta alla luce. I pellicani sono stati ingannati dal fenomeno ottico del miraggio. Il caldo eccezionale ha arroventato l’asfalto delle strade, tanto da causare fenomeni di miraggio simili a quelli che accadono nel deserto. Le strade appaiono bagnate o ricoperte d’acqua. I pellicani in cerca di cibo sono stati tratti in inganno. Pensando di tuffarsi in un tranquillo corso d’acqua o in un canale navigabile ricco di pesce, si sono schiantati sull’asfalto riportando ferite anche gravi. Ma come mai vediamo dell’acqua sulle strade? Acqua che poi quando ci avviciniamo scompare? E’ il fenomeno della rifrazione. Quando la luce attraversa due sostanze di densità diversa, non procede più in linea retta, come fa normalmente, ma viene curvata. Se osserviamo una cannuccia in un bicchiere notiamo che la cannuccia sembra spezzata. La luce mentre attraversa l’aria meno densa e poi l’acqua più densa, viene deviata. Lo stesso accade nel deserto. Ecco come il miraggio ci fa vedere delle pozzanghere di acqua sulla sabbia. Nel deserto il sole arroventa la sabbia e la sabbia scalda l’aria soprastante. Si creano così due strati di aria: uno più caldo e meno denso a contatto con la sabbia del deserto, l’altro più fresco e più denso verso l’alto. Il raggio luminoso, che reca l’immagine del cielo, attraversa due strati di aria di diversa densità, viene incurvato verso il basso dove l’aria è meno densa e tocca il suolo. E’ qui che viene proiettata l’immagine del cielo. Poi, sempre curvando, l’immagine del cielo giunge ai nostri occhi. Le pozzanghere di acqua sul deserto non sono altro che il cielo che si specchia sulla sabbia.
Giancarlo Bonelli
Una passione che può essere fatale!
I tifoni, gli uragani, i cicloni hanno una passione in comune. La passione per la danza. Si tratta di una danza speciale: la danza di Fujiwhara. La danza ha questo nome perché subito dopo la prima guerra mondiale, il capo del Servizio Meteorologico di Tokio, il Dr. Sakuhei Fujiwhara, analizzò le traiettorie dei cicloni tropicali e le confrontò con quelle dei vortici che si formano nell’acqua. Le sue conclusioni furono le seguenti: i cicloni tropicali che sono dei vortici atmosferici avevano in generale lo stesso comportamento dei vortici acquatici. In particolare Fujiwhara scoprì che se due cicloni tropicali si avvicinano e la loro distanza diventa di circa 1700 chilometri, i due cicloni iniziano a ruotare uno intorno all’altro. Per dare un’ idea della danza di Fujiwhara, dobbiamo immaginare due pattinatori sul ghiaccio che si tengono per le mani e ruotano intorno a se stessi rispetto ad un punto centrale tra i due (Immagine Pattinatori). Se una delle tempeste è più forte e più estesa dell’altra, la danza di Fujiwhara che inizia con la rotazione di entrambi, è in genere fatale per la tempesta più debole che dopo aver ruotato intorno al vortice più intenso viene assorbita e inglobata nella circolazione della tempesta dominante. Se invece due tempeste della stessa dimensione e forza, si avvicinano e l’una ruota in senso orario e l’altra in senso antiorario, si respingono reciprocamente e si allontanano una dall’altra. Il 31 Agosto del 1995 l’uragano Iris si muoveva verso il Nord-est dell’isola di Bermuda lungo le coste orientali degli Usa con venti che raggiungevano i 180 km/h. Dietro si avvicinava la tempesta tropicale Karen più piccola e più debole con venti appena a 75 km/h. (Iris e karen) Subito iniziò la danza di Fujiwhara ma ben presto la povera Karen pagò a caro prezzo la sua passione per il ballo. Fu assorbita dalla più forte circolazione di Iris e fu inglobata nelle sue spire. Nell’ immagine è riprodotta la fine di Karen (Iris soltanto).
Giancarlo Bonelli
In autunno ed in inverno in genere soffiano venti forti e freddi.
Permetteteci di dire: se “il vento” supera forza sei per le donne è diverso.
Non intendiamo riproporre un dibattito sulle pari opportunità. Anche se le norme giuridiche , giustamente , tendano ad equilibrare le sperequazioni esistenti nella società tra l’uomo e la donna, esistono delle differenze fisiologiche che portano a comportamenti diversi tra i due sessi. Anche in meteorologia vi sono fenomeni atmosferici che creano una condotta tipica sia per l’uomo che per la donna. Il vento forte, che supera “Forza 6”, secondo la scala dell’Ammiraglio Beaufort oltre i 50 km orari, provoca due atteggiamenti completamente differenti tra uomini e donne. Gli uomini lo affrontano come una prova di forza, con la testa in avanti, con gli occhi socchiusi e smorfie, una vera e propria sfida. Le donne invece, parliamo della maggioranza, hanno la tendenza a sottrarsi al vento girandosi, con la testa all’ingiù e le braccia conserte sul seno in modo protettivo. Qualcuno potrebbe obiettare che questo atteggiamento deriverebbe dalla lunga esperienza femminile nell’indossare gonne o bluse. Ma non è così, perché dallo studio di diverse culture la reazione delle donne è la stessa, anche se non hanno mai indossato gonne. Il seno delle donne è di gran lunga più sensibile del petto degli uomini, ricoperto da robusti fasci muscolari. Quindi il vento ed il freddo possono provocare, ad una madre che allatta, uno shock tale da interrompere il flusso del latte. Possiamo concludere che di fronte ai venti forti le donne, reagiscono per un istinto di sopravvivenza, sono garanti della conservazione della specie.
Giancarlo Bonelli
Alcuni avvistamenti di ufo spesso coincidono con la formazione di queste nubi che vedete hanno forme davvero strane. Come si possono biasimare coloro che, solo per un attimo, volgendo gli occhi al cielo si trovino di fronte una nube così fatta? Non possiamo negare, somiglia davvero ad una astronave. Le nubi lenticolari sono di due tipi. Quelle con forma complessa come quella vediamo nella foto: si tratta di strati sovrapposti come una pila di piatti. Poi ci sono quelle con forma più semplice eccole: hanno la forma di una mezza lente, per questo prendono il nome di nubi lenticolari. Notate si muovono in fila, una dietro l’altra, come se fossero un branco di pesci. Le nubi lenticolari si formano quando l’aria sospinta dal vento incontra una catena montuosa. La montagna genera delle ondulazioni del flusso dell’aria , e quando il vento è abbastanza sostenuto si formano delle vere e proprie onde , come quelle del mare con delle creste e delle conche. Poiché è il massiccio montuoso a provocare le onde nel movimento dell’aria, tali onde vengono dette: ”onde orografiche”, cioè prodotte dall’orografia. Osserviamo, innanzitutto, come si formano le nubi lenticolari “semplici”. L’aria che sale sulla cresta si dilata, perché la pressione diminuisce, e poiché si dilata, si raffredda. Se lo strato di aria è umido, il vapor d’acqua condensa, si trasforma cioè in minutissime goccioline di acqua liquida, ecco si è formata la nube. Quando l’aria scende a valle, nella conca, si comprime e quindi si riscalda. Il riscaldamento provoca l’evaporazione delle goccioline di acqua liquida della nube e la nube scompare. Nelle creste e nelle conche successive si verifica lo stesso fenomeno. E le nubi lenticolari si formano in fila una dietro l’altra nel flusso delle ondulazioni. Se il vento è costante e la catena montuosa regolare le nubi lenticolari resteranno più o meno stazionarie. Inoltre, se si alternano strati di aria umida e di aria secca, come vediamo nel disegno, le nubi lenticolari tendono a sovrapporsi, si accatastano l’una sull’altra, fino a sembrare una pila di piatti. Ecco le nubi lenticolari quelle “complesse”con riflessi rossi dovuti al sole che tramonta. Come utilizzare le nubi lenticolari ai fini della previsione del tempo? Poiché si formano sui versanti sottovento alle catene montuose in Italia annunciano dalle Alpi l’arrivo del Fohen sulla padana con venti da nord e dagli Appennini sull’Adriatico con vento da ovest. C’è poi chi fa del surf con le nubi lenticolari, sono i piloti di alianti, le nubi lenticolari segnalano dove l’aria sale e cavalcandole si può rimanere a lungo in quota.
Giancarlo Bonelli